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Mal di schiena e Ileopsoas: il grande problema del CrossFit®

Articolo in collaborazione con Roberto Bombagi, fondatore di Fisio Magazine

Redazione by Redazione
February 1, 2021
in Medicina
0

Quando cominciai il mio percorso di studi per la Laurea in Fisioterapia, iniziai più o meno nello stesso periodo, a praticare questa disciplina per me nuova: il CrossFit®.

Venivo da tanti anni di allenamenti, sia nel mondo della palestra, che nel mondo dello sport, in cui ho sempre cercato di trovare un senso in quello che veniva proposto.

In poche parole, ho sempre cercato di applicare quello che studiavo nel mio corso di Laurea, con quello che canonicamente mi veniva proposto dai vari istruttori o guru che incontravo.

E la cosa che più spesso mi lasciava perplesso, è che, quasi mai, queste due visioni combaciavano.

Ciò che mi veniva proposto era spesso diverso da ciò che si diceva nella letteratura scientifica. Anzi, talvolta era esattamente l’opposto.

Le cose però iniziarono a cambiare quando, tre anni fa, decisi di iniziare ad approcciarmi al CrossFit®.

Il mio approccio al mondo CrossFit®ileopsoas

Il CrossFit® è un mondo che da subito mi incuriosì, per la sua grande efficacia, ma soprattutto per la sua coerenza con il mondo della letteratura scientifica.

E da ragazzo curioso e amante dello studio quale sono, ne volli subito sapere di più.

Iniziai così, dopo pochi mesi di pratica, ad informarmi sulle basi scientifiche che sostenevano questa disciplina, tramite articoli, studi, ricerche ecc…e non potevo quindi, che imbattermi in quello che nel mondo CrossFit® viene chiamato l’L1, ovvero il manuale “Level One”, che ti insegna a diventare un coach CrossFit®.

La mia reazione dopo le prime cento pagine fu esattamente questa:

Wow! Glassman è un genio!

Leggere l’L1 sembrava come leggere un libro di testo del mio corso di studi, pieno di letteratura scientifica, di nozioni fondate su degli studi sensati, ma che soprattutto comprendevano l’allenamento in una visione molto più ampia di quella che viene solitamente proposta.

Glassman in quel manuale voleva, infatti, trasmettere il concetto di wellness, di fitness e di benessere, a 360 gradi, affrontando tematiche quali l’anatomia e la fisiologia umana, passando per la biomeccanica e la nutrizione.

Un manuale a dir poco impeccabile.

Anche se in realtà con questo articolo, il mio intento non è quello di elogiare Glassman, ma bensì quello di trovare il pelo nell’uovo. Perché come in tutte le cose, c’è sempre un piccolo difetto.

Quel piccolo difetto del CrossFit®

Glassman infatti, ha pensato che il programma CrossFit® dovesse essere mirato anche alla prevenzione degli infortuni e dei possibili disturbi muscolo-scheletrici.

E, in riguardo a questo, ha pensato anche a come si potesse sconfiggere, o meglio prevenire, il mal di schiena usando la metodologia CrossFit®.

Negli studi relativi alla postura ed alla lombalgia, i ricercatori scientifici si sono sempre chiesti quanto fosse utile allenare gli addominali in ottica preventiva, giungendo sempre ad una medesima conclusione.

La letteratura ci dice che è preferibile allenare il core, nel suo insieme, con movimenti funzionali, piuttosto che cercare di ‘’isolare’’ gli addominali, ad esempio, con dei crunch.

Ed è proprio per questo motivo che Glassman nella sua metodologia CrossFit® ha introdotto alcuni dei movimenti, adottati dalla ginnastica e dal calisthenics, come toes to bar, v-ups, o ghd sit ups, nei suoi workout.

E per di più, questo tipo di approccio all’allenamento del core, piuttosto che del solo allenamento degli addominali, ha portato gli atleti élite CrossFit® ad essere riconosciuti per le loro tartarughe prorompenti, così come accade anche nel Chalistenics.

Di comune accordo possiamo quindi dire che Erik Neri o Rich Froning non hanno quegli addominali perché fanno crunch, ma perché fanno movimenti funzionali che mettono in difficoltà il loro core, e per cui esso deve adattarsi a questa grande richiesta, costruendo quelle tartarughe.

In questo c’è un problema però, il pelo nell’uovo di cui parlavo poc’anzi.

Le lombalgie e l’ileopsoasileopsoas

Alla base delle lombalgie, il 90% delle cause muscolari, è dovuta da un ipertensione dell’ileopsoas, e da uno squilibrio muscolare che ne consegue.

Attento! Il 90% delle cause MUSCOLARI di lombalgia, non il 90% delle lombalgie in generale.

L’ileopsoas è il più potente flessore d’anca del nostro corpo, insieme al retto del femore.

Esso interviene come primo motore in tutti i movimenti di flessione d’anca, ovvero, quel movimento con cui avviciniamo la coscia verso il tronco.

Ad esempio, durante l’esecuzione di un crunch inverso, mentre crediamo di star allenando gli addominali, essi in realtà stanno lavorando solo in modalità isometrica; quello che sta facendo muovere la coscia e le gambe su e giù è proprio l’ileopsoas.

Allo stesso modo, durante un toes to bar, durante i knee to chest, o durante i sit-ups, stiamo in realtà stressando notevolmente l’ileopsoas, e non gli addominali.

O meglio, gli addominali stanno sicuramente lavorando per stabilizzare il core, ma solo in modalità isometrica, mentre ciò che ci consente di effettuare tutti questi esercizi, è proprio l’ileopsoas, che flettendo l’anca ci consente l’esecuzione di questi movimenti.

Ma allora quand’è che lavorano gli addominali?

Considerata la loro anatomia, essi lavorano concentricamente quando cerchiamo idealmente di avvicinare lo sterno e l’ombelico tra di loro.

Ad esempio, durante un crunch normale, o nei primi gradi di movimento di un sit-up; dopo di che, interverrà anche qui l’ileopsoas, per flettere il tronco sulla coscia.

ileopsoas

Quindi è facile capire come esso possa ritrovarsi spesso in una situazione di eccessivo affaticamento o tensione.

E qui viene il bello: un eccessivo sviluppo di questo muscolo favorirà l’insorgenza di lombalgie!

Non può mai essere considerata come unica causa, ma certamente può favorire questa condizione disfunzionale.

Di certo non possiamo però eliminare esercizi come i toes to bar da una programmazione CrossFit®, ma piuttosto dobbiamo mirare al rinforzo della controparte, ovvero, quei muscoli “antagonisti” all’ileopsoas, e che in qualche modo garantirebbero un corretto equilibrio tensionale.

Sto parlando del quadrato dei lombi e degli erettori spinali, reclutati ad esempio con delle semplici superman hold.

Inoltre, sarebbe opportuno cercare di ridurre quelle tensioni muscolari che si sono generate nell’ileopsoas, facendo dello stretching mirato, e degli esercizi di mobilità per tutto il distretto anca-bacino.

Anche l’auto-massaggio della zona, ad esempio con una pallina da tennis o un foam roller, può essere d’aiuto in questi casi.

Mal di schiena e Ileopsoas: un problema frequente

Un quadro di lombalgia potrebbe essere molto frequente in chi pratica CrossFit®, soprattutto in caso di elevata attivazione dell’ileopsoas.

Anche chi ha un core debole potrebbe soffrire degli stessi problemi. Il bacino è infatti soggetto a tiranti sinergici o contrari.

Ad esempio, la posizione seduta che manteniamo per diverse ore al giorno potrebbe essere un’altra causa.

Mentre passiamo ore davanti al PC, l’arto inferiore è sempre flesso, portando origine e inserzione dell’ileopsoas ad avvicinarsi: i tessuti connettivi e i propriocettori nel tempo si resettano, perdendo il range fisiologico di questo muscolo.ileopsoas

Spesso, l’errore più comune che si compie è quello d’associare ad un muscolo corto il fatto che sia un muscolo forte.

Esiste per questo un test specifico, per verificare se abbiamo uno sbilanciamento di forza a livello del bacino.

Ci si sdraia supini e si portano le gambe tese in squadra. Si fanno scendere gli arti inferiori, sempre tesi, fino al terreno, cercando di mantenere il tratto lombare adeso al terreno per tutto il range.

Se la zona lombare si solleva o si inarca, vuol dire che i flessori della coscia (ileopsoas, retto del femore) sono troppo forti rispetto ai muscoli dell’addome.

Andrà quindi fatto un lavoro specifico “d’isolamento” e di rieducazione per riequilibrare queste forze.

Inoltre, dobbiamo sempre ricordarci che il nostro corpo ragiona per movimenti e non per muscoli; pertanto piuttosto che concentrarvi sul retto addominale, sull’obliquo esterno, ecc, sarebbe molto più intelligente concentrarsi sui movimenti.

In conclusione

Apprendete e diventate abili esecutori degli esercizi che coinvolgono tutto il cingolo pelvico ed il core, senza preoccuparvi eccessivamente di cosa sta lavorando, ma piuttosto verificando che la naturale sinergia muscolare venga rispettata.

Ed ecco che, bilanciando sempre la sinergia muscolare tra ileopsoas e addominali, allenando la controparte estensoria e allenando la stabilità del core in generale, possiamo fare un enorme passo in avanti verso la prevenzione del mal di schiena.

Questo articolo vuole essere a puro scopo informativo, per un problema che ritengo abbastanza comune nella popolazione CrossFit®, ma il mio invito è sempre quello di consultare uno specialista in caso di insorgenza del dolore.

Ciò non toglie però, che tutto quanto detto sopra, possa essere usato a scopo preventivo, tenendo così lontano quello scomodo ed indesiderato mal di schiena.

 

Roberto Bombagi, 22 anni, fondatore di Fisio Magazine. Laureando in Fisioterapia, con una grande passione per il benessere e per lo sport.

Ha praticato Rugby fin dall’età di 7 anni, militando nelle file della Serie A con la squadra della sua città, Alghero, mentre attualmente, si dedica al CrossFit da circa 3 anni ed allo studio.

Grande appassionato di Letteratura Scientifica e di Fisioterapia, e la sua missione è quella di cercare di diffonderla a quante più persone possibile, affinché si diventi più consapevoli!

Profilo Instagram: @robertobombagi_, Pagina: @fisiomagazineit,
Sito: www.fisiomagazine.com

Tags: ileopsoaslombalgiamal di schiena
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