L’IF3 World Championship rappresenta una delle più importanti competizioni internazionali per il functional fitness, un evento che mette alla prova gli atleti in un format strutturato e bilanciato, capace di testare ogni aspetto della loro preparazione.
Abbiamo avuto il piacere di parlare con Coach Andrea Marabese, guida di 2Be CrossFit® Chiavari, che ha accompagnato il giovane Alessandro Profumo in questa esperienza mondiale. Con la sua esperienza e la sua visione, Coach Andy ci ha raccontato com’è stato gareggiare su un palcoscenico internazionale, le differenze tra IF3 e altre competizioni di CrossFit® e quali sono le sfide da affrontare per portare sempre più atleti italiani a competere ad alti livelli.
Se siete curiosi di scoprire cosa rende l’IF3 un evento unico, quali strategie sono fondamentali per affrontarlo e come costruire il futuro del functional fitness in Italia, non perdetevi questa intervista!
Indice
Puoi raccontarci qualcosa su Alessandro Profumo e sulla sua esperienza in gara?
Alessandro Profumo è un atleta teen di 2Be CrossFit® Chiavari. Oggi ha 18 anni, ma ai Mondiali IF3 ne aveva 17. Non ha un passato sportivo particolarmente rilevante, a parte qualche esperienza nel calcio, prima di avvicinarsi al CrossFit® a 14 anni. Ha iniziato proprio durante il difficile periodo del Covid, quando ci allenavamo all’aperto, in spiaggia. Fin da subito ha dimostrato grande passione e voglia di migliorare, ascoltando attentamente i consigli dei coach. Così, giorno dopo giorno, ha iniziato prima con le classi e poi è passato alla preparazione da competitor, seguendo la mia programmazione.
Alleno personalmente tutti i miei atleti attraverso una programmazione studiata su misura per ognuno di loro. Credo sia un enorme vantaggio rispetto all’uso di una semplice app, per quanto blasonata, soprattutto nella fase formativa.
La preparazione per i Mondiali IF3 è stata davvero intensa. Dopo aver raggiunto l’obiettivo delle Semifinals, ci siamo concessi un paio di settimane di scarico per poi tornare subito al lavoro con un focus specifico sulla competizione mondiale. Ci siamo basati molto sui test degli anni precedenti, sia dei Mondiali che degli Europei.
L’obiettivo era arrivare con massimali di snatch a 100 kg e clean & jerk a 120 kg, oltre a migliorare la ginnastica, in particolare la consistenza sugli handstand push-up strict, dove Alessandro era carente. Siamo riusciti a colmare molte lacune, ma purtroppo abbiamo sottovalutato un suo punto debole: il rower, che poi si è rivelato un grosso ostacolo in gara.
Nonostante questo, il percorso di Alessandro è stato di grande crescita. Oggi può vantare un primo posto alla Ligurian TD e un secondo posto a Pietrasanta, sempre nelle categorie teen. Il prossimo obiettivo è l’UBL Under 21, dove si confronterà con ragazzi più grandi e forti. Non vediamo l’ora di metterci alla prova e puntare ancora una volta alla qualificazione mondiale.
Quali sono le principali differenze tra lo spirito sportivo del campionato IF3 e quello delle competizioni di CrossFit®?
Quello che sia io che Alessandro abbiamo percepito è stato un ambiente autenticamente sportivo, fatto di magnesite, dedizione e puro agonismo.
Venendo dal mondo della ginnastica artistica, ho provato una certa nostalgia: era come vivere una sorta di Olimpiade del CrossFit®. C’erano ragazzi e ragazze, anche giovanissimi, che si muovevano e si comportavano come una vera squadra. Indossavano i colori della loro nazione con orgoglio e sentivano il peso della rappresentanza.
Tutti erano focalizzati esclusivamente sulla performance, senza distrazioni. Niente abbigliamento stravagante o atteggiamenti da “prime donne” – passatemi il termine – che a volte si vedono in altre competizioni. Si respirava un’atmosfera più seria e “federale”, incentrata sullo sport nella sua essenza.
Non fraintendiamo: alcune delle nostre competizioni sono splendide, ma il clima che si viveva all’IF3 era completamente diverso. A noi è piaciuto moltissimo.
La competizione IF3 si è svolta su tre giorni con sei workout. Come erano strutturati i workout e quali abilità o strategie erano fondamentali per affrontarli al meglio?
I sei workout erano suddivisi in sei test, ciascuno focalizzato su un dominio specifico:
- Endurance
- Strength
- Skill
- Bodyweight
- Mixed Modality
- Power
Questo format costringe gli atleti a essere completi e versatili, performando in maniera equilibrata su tutte le abilità richieste dal CrossFit®. Non c’è spazio per specializzazioni estreme: non basta essere solo forti o solo resistenti, bisogna eccellere in tutti i settori.
A differenza di alcune competizioni che tendono a favorire atleti più strength- o endurance-oriented, l’IF3 garantisce una valutazione più equa del livello di fitness complessivo, mettendo tutti sullo stesso piano. Questo significa che la strategia migliore per affrontare la gara è lavorare su una preparazione completa, senza trascurare nessun aspetto della performance atletica.
Hai sottolineato l’assenza di alcuni dei nomi di spicco del panorama italiano nelle categorie Elite e Master. Quali credi siano le ragioni di questa mancata partecipazione e come si potrebbe incentivare una maggiore presenza di top athlete italiani in queste competizioni?
Non voglio assolutamente mancare di rispetto agli atleti che hanno partecipato, ma mi sarebbe piaciuto vedere in gara alcuni dei nostri “pezzi da 90”, come Zeno, Fulix o Pitruzzello, per rappresentare al meglio la nazionale italiana.
Credo che il motivo principale della loro assenza sia legato al fatto che, a livello internazionale, esistano competizioni con cash prize più alti e una maggiore visibilità mediatica, che ovviamente attraggono gli atleti di punta. Tuttavia, federazioni come Affi e IF3 avrebbero bisogno proprio del supporto di questi top athlete per crescere e contribuire alla diffusione del functional fitness come sport libero, distinto dal brand più conosciuto, che di per sé non si definisce sport proprio perché legato a un marchio commerciale.
Se davvero amiamo questo sport e vogliamo vederlo riconosciuto come tale, sarebbe importante investire e credere in Affi e nelle competizioni IF3, anziché in federazioni che non si occupano direttamente del nostro settore. E, tra l’altro, farlo non comporterebbe alcun costo aggiuntivo, anzi, potrebbe addirittura portare a un risparmio.
Un segnale positivo è che sempre più competizioni nazionali stanno stringendo partnership con Affi, come ad esempio Pietrasanta e UBL. Questo potrebbe essere il primo passo per una crescita più ampia del movimento in Italia.
Qual è stato il livello competitivo generale della gara?
Ovviamente il mio focus principale era sui teen, ma posso dire che il livello era altissimo. Alessandro si è trovato ad affrontare avversari che avevano già due anni di esperienza ai CrossFit® Games e che avevano vinto competizioni nazionali nelle categorie Elite. Parliamo di ragazzi di 17 anni che correvano sulle mani con una naturalezza incredibile, eseguivano complex di snatch a 100 kg e sostenevano un’intensità di gara paragonabile a quella dei nostri Elite nazionali.
La Norvegia, in particolare, ha portato una squadra ricca di atleti di alto livello, sia ragazzi che ragazze. In confronto, l’Italia ha partecipato con soli tre atleti, e con molta meno esperienza. Questo è un segnale chiaro: nonostante siamo la quinta nazione al mondo per numero di box CrossFit®, investiamo ancora troppo poco sull’agonismo giovanile.
Il focus nel nostro paese è prevalentemente su un target adulto, mentre il numero di teen – soprattutto ragazze – nelle competizioni nazionali è ancora troppo basso. Se vogliamo essere più competitivi a livello internazionale, dobbiamo lavorare di più su questo aspetto.
Come hai vissuto l’esperienza di accompagnare un giovane atleta in una competizione di così alto livello?
Per me è stata un’esperienza meravigliosa. Alessandro è un atleta con un grande potenziale, e sono davvero orgoglioso della sua crescita, sia dal punto di vista sportivo che umano.
Uno dei momenti migliori in gara è stato sicuramente il WOD con un AMRAP di box jump over e handstand push-up strict a salire. Eravamo abbastanza tesi perché sapevamo di non essere tra i più forti sugli HSPU strict, ma in campo gara siamo riusciti a comunicare alla perfezione. Io gli davo indicazioni su come suddividere le ripetizioni in base alla sua fatica, e lui eseguiva con precisione. Il risultato? Abbiamo chiuso due round in più rispetto al test fatto in palestra, ottenendo un ottimo piazzamento.
Il momento più difficile, invece, è stato il WOD con 3 km di vogatore e 2 km di bike. L’obiettivo era rimanere a metà classifica, ma il rower ci ha completamente penalizzati. Sapevamo che non era il suo punto di forza, ma non ci aspettavamo una performance così al di sotto delle aspettative. Ovviamente, appena tornati al box, l’ho messo subito sul vogatore… e credo che non sia ancora sceso!
L’IF3 promuove un format di gara che sembra essere più “sostenibile” per gli atleti rispetto ad altre competizioni. Pensi che questo approccio possa rappresentare il futuro delle competizioni di fitness? Se sì, perché?
Sicuramente, un format con soli due workout al giorno, intervallati da una pausa che permette agli atleti di recuperare, integrare e alimentarsi, consente di esprimersi al massimo livello. Questo aiuta a prevenire infortuni e a evitare di arrivare completamente distrutti dalla fatica accumulata nei vari WOD, come spesso accade in competizioni molto più intense.
Ma questo modello è realmente sostenibile per le competizioni nazionali? Non è facile dirlo. Bisogna considerare diversi fattori:
- I costi di organizzazione per chi gestisce l’evento.
- Le spese per gli atleti, perché più giorni di gara significano anche più costi per trasporti, alloggio e iscrizioni.
- Le aspettative del pubblico e degli atleti stessi, che spesso vogliono competizioni con almeno 4-6 WOD distribuiti su due giorni.
Senza dubbio, a livello atletico e etico, il format dell’IF3 è una scelta corretta. Tuttavia, ci sono molte variabili da valutare prima di capire se potrà davvero diventare uno standard per le competizioni di fitness.
Guardando al futuro, quali sono i tuoi obiettivi come coach per portare sempre più atleti italiani a competere in contesti internazionali come l’IF3?
Quest’anno l’obiettivo è raddoppiare: voglio sicuramente aiutare Alessandro a prendersi la sua rivincita, ma anche portare un altro mio atleta teen, Edoardo Bruzzo, sul podio a Pietrasanta. L’anno scorso è arrivato quarto, e il nostro focus sarà garantirgli un posto ai Mondiali.
Sarebbe fantastico vedere crescere realtà come Affi, che sta investendo molto sul nostro sport, fino a creare un vero e proprio campionato italiano, con la possibilità di partecipare agli Europei. Ma per farlo, serve il supporto di chi sta alla base del movimento: i box owner devono essere i primi a crederci. Solo attraverso le affiliazioni e la partecipazione attiva si può sperare in un futuro federale che finalmente porti fondi a sostegno degli atleti, raduni, sponsor e cash prize.
Per una volta, bisognerebbe guardare oltre il presente, con una visione più lungimirante e orientata alla crescita del movimento, anziché fermarsi solo su ciò che funziona nel breve termine.

Quali consigli daresti ai giovani che sognano di competere a questi livelli?
Il mio consiglio principale è affidarsi ai propri coach e lasciarsi guidare. Troppo spesso i ragazzi si fanno distrarre dai social, ma la realtà è che a questa età l’impegno è ciò che crea il talento.
Bisogna imparare a non mollare mai, a presentarsi in palestra anche quando la giornata non è delle migliori, quando una girata proprio non riesce o quando le gambe sembrano non spingere. È in quei momenti che si costruisce il vero atleta.
Serve testa, disciplina e qualche sacrificio, ma le soddisfazioni e le esperienze che si vivono da ragazzi in ambito sportivo sono impagabili. Vi accompagneranno per sempre, così come i legami che si creano con compagni e avversari, e perché no, anche quelle sane rivalità che rendono ogni gara ancora più stimolante.
Conclusione
L’IF3 World Championship è molto più di una semplice competizione: è un’occasione di crescita per gli atleti, per i coach e per l’intero movimento del functional fitness.
Dalle parole di Coach Andy emerge un messaggio chiaro: per vedere sempre più atleti italiani competere a livello internazionale, serve investire nei giovani, credere nelle realtà emergenti come Affi e costruire un percorso di crescita che vada oltre l’immediato.
Ringraziamo Coach Andrea Marabese per aver condiviso con noi la sua esperienza, i suoi obiettivi e i suoi preziosi consigli per le nuove generazioni di atleti.
Siamo certi che il suo lavoro continuerà a portare risultati e che vedremo sempre più ragazzi come Alessandro e Edoardo farsi strada nei più importanti palcoscenici internazionali. Il futuro del functional fitness italiano è tutto da scrivere!