Capita spesso al box: due persone con la stessa programmazione, stessi carichi, stesso tempo a disposizione. Una migliora a vista d’occhio, l’altra sembra girare in tondo. Non è solo questione di genetica o forza di volontà: spesso è il modo in cui affrontano i problemi durante l’allenamento.
Qui entra in gioco il problem solving nell’allenamento: la capacità di leggere la situazione, fare scelte rapide e intelligenti e adattare la strategia mentre il cuore batte forte e i muscoli bruciano.
In altri contesti si parla di capacità analitica, attenzione, decision making. In palestra questa abilità si traduce in una cosa sola: allenarsi in modo più efficiente, cioè ottenere più risultati con la stessa (o addirittura minore) quantità di lavoro.
Indice
Che cos’è davvero il problem solving nell’allenamento?
Non è solo “essere bravi in matematica” o fare enigmistica la domenica. Nel contesto fitness, il problem solving nell’allenamento è l’insieme di micro-decisioni che prendi:
- prima del workout (come mi scaldo, che carico scelgo, come divido le ripetizioni);
- durante lo sforzo (continuo unbroken o scalo, rallento o tengo il ritmo, cambio esercizio se sento un fastidio?);
- dopo la sessione (cosa ha funzionato, cosa no, cosa modifico la prossima volta?).
In pratica, ogni WOD, ogni seduta di pesi, ogni sessione di corsa è un problema da risolvere:
come arrivo in fondo nel minor tempo possibile, nel modo più sicuro ed efficace?
Chi usa bene il problem solving nell’allenamento:
- spreca meno energie in errori di ritmo;
- riduce il rischio di farsi male;
- impara più in fretta da ogni sessione;
- riesce a trasformare anche un allenamento “andato male” in informazioni utili.
Perché un cervello allenato rende l’allenamento più efficiente
Un articolo pubblicato su Boxrox spiega come esercizi mentali (ad esempio quelli di matematica) migliorino resistenza mentale, concentrazione e capacità di prendere decisioni in frazioni di secondo, qualità fondamentali anche nello sport.
Trasposto nel nostro mondo, significa una cosa semplice: più alleni la mente a risolvere problemi, più diventi efficiente quando devi gestire un workout. Ecco come.
1. Gestione del ritmo (pacing) più intelligente
Quante volte ti è capitato di partire a razzo e poi “piantarti” a metà WOD?
Un buon problem solver, già al briefing, fa due conti:
- quante ripetizioni totali dovrà fare;
- quanto tempo medio può tenere per round;
- dove ha i suoi punti deboli (es. ginnastica) e dove può recuperare (es. rower).
Questo non è “talento”: è problem solving applicato all’allenamento. La differenza tra chi arriva al time cap e chi finisce con margine spesso si gioca su questo.
2. Tecnica più pulita sotto fatica
Quando sei stanco è facile “buttare via” la tecnica. Ma proprio lì entra in gioco la mente:
riconoscere un pattern che sta peggiorando (schiena che si incurva, ginocchia che collassano, presa che scappa) e correggerlo al volo è un atto di problem solving.
Chi allena la capacità di osservare e correggere sé stesso:
- mantiene la qualità del gesto;
- sfrutta meglio ogni ripetizione;
- si protegge dagli infortuni.
3. Adattamento rapido agli imprevisti
Bar affollata, mancano i kettlebell del tuo peso, rower occupato, spalla che dà fastidio proprio quel giorno. Puoi:
- incaponirti e rovinarti il workout;
- oppure usare il problem solving nell’allenamento per adattare il lavoro: cambiare il carico, modificare l’esercizio, regolare il volume.
Gli atleti che crescono di più nel lungo periodo sono quelli che non vanno in tilt quando qualcosa non va secondo i piani, ma trovano soluzioni pratiche.
4. Focus mentale e meno tempo perso
Allenare la mente a concentrarsi (che sia con esercizi di calcolo, giochi di logica o semplici routine di respirazione) ti aiuta a:
- rimanere nel “qui e ora” durante il workout;
- evitare distrazioni inutili tra una serie e l’altra;
- rispettare meglio le pause, senza allungarle “per sbaglio”.
Meno tempo sprecato, più lavoro di qualità: questa è efficienza pura.
Cosa c’entra la matematica con il problem solving in palestra?
L’idea che esercizi di matematica possano migliorare le prestazioni sportive sembra strana solo a prima vista. In realtà, quando risolvi calcoli veloci:
- tieni attiva la memoria di lavoro (working memory);
- alleni la velocità di elaborazione;
- impari a resistere alla fatica mentale, restando lucido.
Sono gli stessi ingredienti che ti servono quando devi:
- ricalcolare il numero di serie durante un EMOM;
- fare al volo percentuali di carico;
- adattare il piano a metà WOD perché ti accorgi che stai andando troppo forte o troppo piano.
Non significa che devi passare le serate sui libri di matematica, ma puoi usare piccoli “allenamenti mentali” come parte del tuo pacchetto di problem solving nell’allenamento.
5 situazioni concrete in cui il problem solving cambia il tuo workout
Per vedere quanto questa abilità incida davvero sull’efficienza dell’allenamento, guarda queste situazioni tipiche.
1. WOD con tante ripetizioni
Workout tipo: 100 wall ball, 80 kettlebell swing, 60 burpees.
L’atleta “istintivo” parte a caso e spera. Chi usa il problem solving:
- decide prima come spezzare le serie (es. 10+10+10… o 15+15+10…);
- programma micro-pause brevi ma regolari;
- tiene d’occhio il tempo per round e lo aggiusta.
Risultato: meno crolli, ritmo più costante, tempo finale migliore.
2. Scelta del carico nei lavori di forza
Percentuali, RM, sensazioni del giorno: sono tutte informazioni da combinare.
- Se ti senti scarico, mantieni comunque il focus tecnico ma abbassi leggermente il carico.
- Se ti senti in forma, puoi spingere un po’ di più ma sempre all’interno di un margine ragionato, non “a caso”.
Qui il problem solving nell’allenamento ti evita sia di sottoallenarti sia di strafare.
3. Gestione delle limitazioni fisiche
Ginocchia delicate, spalla che ogni tanto si infiamma, lombari sensibili: puoi far finta di niente, o puoi ragionare.
L’atleta che ragiona:
- parla con il coach;
- modifica alcuni esercizi (es. front squat al posto di back squat, rowing al posto di running);
- lavora sul rinforzo mirato nelle settimane “tranquille”.
Così continua a progredire senza fermarsi ogni due mesi per un infortunio.
4. Competizioni o classi affollate
Meno spazio, attrezzi contesi, transizioni complicate: un caos perfetto per andare in tilt. Chi ha una mentalità da problem solver:
- trova subito il percorso più fluido;
- organizza il materiale con logica;
- sceglie dove posizionarsi per perdere meno tempo tra una stazione e l’altra.
Risultato? Stesso workout, stesso regolamento, ma performance completamente diverse.
5. Giorni “no” a livello mentale
Capita: arrivi in palestra scarico, nervoso o distratto. Invece di mollare, puoi chiederti:
- cosa posso fare oggi per uscire di qui un po’ meglio di come sono entrato?
- ha senso scalare volume o intensità?
- posso concentrarmi solo sulla tecnica e sulla respirazione?
Questa è una forma di problem solving emotivo che ti permette di mantenere la continuità, invece di buttare via la giornata.
Come allenare il problem solving nell’allenamento (senza complicarti la vita)
La buona notizia è che non hai bisogno di un protocollo complicato. Puoi integrare il problem solving nell’allenamento con piccole abitudini.
1. Fai sempre un “piano di gara”
Prima di ogni WOD chiediti:
- come divido le ripetizioni?
- dove rischio di andare in crisi?
- dove posso spingere di più?
Non serve un trattato, bastano poche decisioni chiare. Così entri nel workout già con una strategia.
2. Analizza a freddo il workout
Dopo l’allenamento, invece di limitarti a “è andata bene” o “faceva schifo”, prova a rispondere:
- cosa rifarei allo stesso modo?
- cosa cambierei (ritmo, carico, strategia)?
- dove ho perso più tempo?
In 2–3 minuti trasformi il WOD in una lezione per il futuro.
3. Introduci piccoli “giochi mentali”
Qualche idea semplice:
- Calcola mentalmente le percentuali di carico, invece di usare sempre l’app.
- Durante un EMOM, prova a tenere in testa il numero di round, senza guardare sempre il tabellone.
- Occhio ai dettagli: conta le rep dell’allenamento di un compagno, prova a ricordare i suoi split e confrontali con i tuoi.
Sono micro-esercizi che tengono il cervello sveglio e abituato a gestire informazioni sotto fatica.
4. Allenati a cambiare piano senza viverlo come un fallimento
Se a metà WOD capisci che la strategia non regge, cambiare approccio non significa “arrendersi”, significa risolvere un problema in diretta.
Più ti abitui a farlo, meno ti agiti quando qualcosa non va come previsto, e più il tuo allenamento diventa efficiente e sostenibile.
Mente e corpo: un unico sistema di performance
Parlare di problem solving nell’allenamento non è moda da mental coach: è prendere sul serio il fatto che ogni scelta che fai in palestra ha un impatto sul risultato finale.
- Un cervello allenato a ragionare sotto stress ti fa risparmiare energie.
- Una strategia chiara ti permette di sfruttare al massimo ogni minuto di lavoro.
- Un atteggiamento flessibile ti aiuta a non saltare le sessioni quando la giornata è storta.
Invece di vedere il workout come qualcosa da “subire”, puoi iniziare a viverlo come un problema interessante da risolvere, ogni giorno in modo un po’ migliore.
È lì che il legame tra problem solving ed efficienza dell’allenamento fa davvero la differenza: quando ti accorgi che non stai solo diventando più forte… stai diventando anche più lucido, più consapevole e più capace di guidare il tuo percorso, rep dopo rep.

