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Gloria Bertolio: parla la vincitrice RX del Torino Challenge 2019

La Torino Challenge 2019 per noi di CrossMag (e per voi lettori) non è ancora finita. Siamo felici che stiate seguendo i nostri articoli dedicati alla competizione perché dietro questa gara ci sono tante storie eccezionali. Per la categoria RX Women abbiamo intervistato la vincitrice Gloria Bertolio, 28 anni, di CrossFit Lago Maggiore.

È la prima classificata a pochissimi punti di distanza da Chiara Rota: la sua è una vittoria che si è giocata fino alla fine. Gloria non è mai arrivata in nessuno dei cinque eventi sotto la seconda posizione. In una parola: pazzesca.

Gloria, partiamo da una cosa che sembra non c’entrare niente ma c’entra. Ho visto un sacco di foto e di video dove sorridi. Non è da tutti.
Sono una persona tendenzialmente allegra. Dove lavoro sono sempre di buon umore, ma quando sono in gara quell’ottimismo diventa concentrazione.

Ti è utile in gara?
Fondamentale, perché io nasco ansiosa, non c’era gara in cui non piangessi. Subivo la competizione, soffrivo e mi disperavo continuamente. Con il tempo, un po’ di maturità e con il mio allenatore Manuel Stanges abbiamo lavorato su questo aspetto, guadagnando in termini di performance.

Quando hai cominciato?
Considera che poco dopo aver iniziato a fare CrossFit quattro anni fa circa, ho cominciato già preparazione competitiva con Manuel. Ha visto in me una persona che non si sarebbe mai fermata al solo allenamento, se non sfogo in gara impazzisco.

Come lavora Manuel con te?
Facciamo tantissimo Metcon, mescolando esercizi per fare fiato. Lavoriamo meno sui carichi e molto di più sulla barra. Approfondiamo molto il metodo di lavoro sotto sforzo, lasciando in secondo piano i massimali. Insomma, sta formando un’atleta con molta resistenza.

Quanto ti alleni?
Lavoro tre ore al giorno, cinque giorni alla settimana. Un giorno nuoto e un altro non faccio niente, mi riposo!.

Il nuoto è un active rest molto frequente tra voi atleti.
«È un’arma a doppio taglio, perché se nuoti molto bene aiuta la ripresa, altrimenti può non giovare alle articolazioni se sono già molto provate. Io, con un passato da pallavolista, ho sempre avuto infiammazioni alle spalle, quindi devo stare molto attenta allo sforzo che faccio in acqua, perché in vasca ci si rende meno conto di come sta effettivamente il tuo corpo».

Oggi cosa fai nella vita?
Lavoro nel box e ho due tre lavoretti più piccoli per arrotondare. La verità è che sono cottissima (ride) Ti faccio un esempio di giornata, quello del martedì che è la più intensa. Mi sveglio alle 6 e mezza e vado a lavorare poi mi alleno. Alle sei e mezza di sera ricomincio a lavorare e finisco la sera tardi. La fortuna è che mi piace da matti, quindi non mi pesa. Nel ruolo di persona paziente c’è mio marito Matteo, con il quale sono sposata da sette anni.

Immagino tu sia molto soddisfatta della performance in gara.
«Molto, anche se ho avuto dei momenti critici. Molti hanno subito l’handstand per la temperatura del terreno. Ecco, noi donne abbiamo fatto questo workout con una temperatura più mite, ma abbiamo sentito molto il peso degli avvallamenti sul campo gara. Quando ci si allena in esterno, fa parte del gioco. Per il resto mi sono sentita molto a mio agio, con qualche difficoltà in più nel primo e nel terzo workout».

A tenerti ben testa, c’è sempre stata dietro o davanti a te, Chiara Rota.
«Infatti faccio una cosa che nessun coach vuole che si faccia, guardare gli avversari per vedere a che punto sono. In realtà se la posizione lo permette, guardare chi è allineato ai tuoi ritmi aiuta a capire quanto dosare le forze, visto che poi uno ha sempre altri workout da fare. Se vedi che sei prima, si può provare a rallentare un secondo e “tenersi” per i momenti successivi della competizione. Non si dice, ma spesso si fa così».

Come hai gestito l’infernale WOD 5?
Per voi donne non era più una sorpresa, ma di certo non conoscevamo ripetizioni e piccole varianti.
Ero molto spaventata, ma ho pensato all’unica cosa importante, fare i movimenti più puliti possibili anche se ero stanca, perché anche se è l’ultimo sforzo, in realtà è quello dove con movimenti più tecnici rendi meglio, cercando di recuperare senza spezzare le ripetizioni».

Qual è la tua formazione?
«Ho fatto il liceo scientifico e poi non me la sono sentita di far spendere dei soldi ai miei genitori per l’università. Volevo fare la ricercatrice a Fisica, ma so quanto è difficile farlo in Italia».

Prossimi impegni?
«Mi troverete all’East Coast a Trieste(ci saremo anche noi di CrossMag), sto lavorando per il Belgium Throwdown in team, siamo in forse per la Battaglia di Milano, alle Falls Series e mi piacerebbe tornare in Germania per qualche gara».

Cos’hai trovato lì?
«Un’accoglienza che senza offesa per l’Italia non ha eguali, così come ai Wodapalooza di Miami. Forse e spero di sbagliarmi, ho la sensazione che qui da noi si osservi lo sport con l’idea di guardare due cose: i famosi e i fenomeni. In Germania ho trovato centinaia di persone completamente sconosciute tifare per me a ogni angolo della gara, anche nei momenti di difficoltà. Perché? Non lo so. Però noi atleti, specie nel CrossFit, ci ammazziamo di lavoro per questo, per avere il sostegno e il tifo delle persone, anche se non sei nessuno. Su questo credo che noi come “utenti” dello sport e del CrossFit in Italia abbiamo ancora molto da imparare».

E noi che amiamo il CrossFit abbiamo molto da imparare da te, Gloria.

La foto ci è stata gentilmente concessa da IndJa Photographer. 

 

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